Nel cuore della Riserva, un’antica tradizione si intreccia con la storia del territorio: la produzione della tipica farina “dolce” ottenuta dalle castagne. Questa produzione avveniva nelle cannicciaie, strutture particolari destinate all’essiccazione delle castagne, che sono state per secoli un elemento essenziale nella vita delle nostre popolazioni montane.
Come erano strutturate le cannicciaie?
A metà altezza troviamo un ripiano di travi e assi di legno dedicato alle castagne, che venivano qui calate dall’alto tramite un’apertura. Alla base della struttura, un fuoco acceso e le sue braci permettevano di essiccare lentamente il frutto, un processo meticoloso e antico, che durava circa trenta giorni e richiedeva un’attenzione costante per evitare di bruciare le castagne. La legna utilizzata per alimentare il fuoco era di grossa pezzatura, sopra la quale veniva gettata la “loppa”, la buccia delle castagne dell’anno precedente.
Una volta che le castagne si erano seccate ed erano ancora calde, venivano raccolte in sacchetti di canapa e battute su grossi ceppi di legno per separare la “loppa” dal frutto. Il passo successivo prevedeva un’operazione curiosa: i sacchetti venivano fatti saltare in aria, sfruttando la forza del vento per completare la separazione.
Il procedimento era ora a buon punto. Le castagne erano pronte per essere macinate nei mulini locali, trasformandosi nella diffusa farina “dolce”, un prodotto fondamentale per l’alimentazione delle comunità montane. Per conservare la farina, si procedeva a pressarla nei cassoni, riducendo al minimo il contatto con l’aria per evitare l’insorgenza di muffe o insetti.